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domain was triggered too early. This is usually an indicator for some code in the plugin or theme running too early. Translations should be loaded at the init
action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /var/www/clients/client1235/web3723/web/wp-includes/functions.php on line 6114instagram-feed
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è stato attivato troppo presto. Di solito è un indicatore di un codice nel plugin o nel tema eseguito troppo presto. Le traduzioni dovrebbero essere caricate all'azione init
o in un secondo momento. Leggi Debugging in WordPress per maggiori informazioni. (Questo messaggio è stato aggiunto nella versione 6.7.0.) in /var/www/clients/client1235/web3723/web/wp-includes/functions.php on line 6114Sempre più connessi col mondo esterno e sempre meno con noi stessi.
Spesso incontro, nel mio lavoro e non, persone che sfuggono a se stesse, alle proprie emozioni. Persone che hanno fatto del dissimulare un’arte.
Dissimulano quello che pensano di se stesse e degli altri, dissimulano le paure che provano, dissimulano i sentimenti e i desideri, dissimulano le gelosie, le attrazioni, dissimulano la rabbia e alcuni dissimulano persino la serenità rincorrendo sempre qualcosa per cui arrovellarsi, qualcuno con cui prendersela per qualche ragione individuata ad hoc.
Dissimulano per non dover cambiare niente. Cambiano i propri stati d’animo per non dover cambiare la loro costruzione del reale. Tutto deve restare fermo e se anche questo conduce a frustrazioni, vere e proprie costipazioni dei propri profondi bisogni, (spesso inespressi e inesprimibili) e tiene legati a una struttura un po’ calcificata di se stessi, rimane comunque un modo rassicurante di guardare in avanti.
Ignorare quel che si sente perchè in caso contrario magari verrebbe voglia di cambiare posizione e cambiare posizione mette in dubbio quanto la nuova eventuale posizione possa essere capace di fornire ampie panoramiche.
Quanta fatica per mettere a tacere il proprio sentire! Quante fobie, attacchi di panico, ansie, insonnie, disturbi della pelle, alterazioni fisiologiche, sindromi, quanti acciacchi, blocchi fisici, quante angosce, quanti segnali tocca ignorare. Anche quando il volume dei campanelli si fa sempre più alto fino a coprire tutto il resto. Si arriva persino a sacrificare tutto quel resto, pur di non lasciare a questi segnali il ruolo di “segnali” appunto. Si sceglie di assimilarli a interferenze, errori, piuttosto che notifiche del nostro sistema.
Quanto sforzo poi per conciliare quel che si sente e quel che si vorrebbe sentire, in linea con i paradigmi che la cultura, la città, il gruppo di amici e tutti i nostri contesti ci offrono già confezionati.
Quanto coraggio per guardarsi dentro e sollevare certi teli che da sempre sembrano coprire cimeli vergognosi del nostro mondo interiore.
Anche chi non piange mai, quando sente che può permettersi di andare a guardare sotto quei teli scuri, celebra questo momento con un pianto che personalmente ho sempre ritenuto di dolore e sollievo allo stesso tempo. Quello sguardo, poco prima brillante come una lampada da qualche migliaio di watt, si rabbuia e diventa per qualche istante fioco e caldo come la fiammella di una candela, quello sguardo si fa triste ma colmo di riconoscenza.
Quello sguardo si abbassa e sfodera tutta la stanchezza del fardello che si porta addosso da lungo tempo, …e poi si rialza e c’è una fragilità che si permette di mostrarsi e un grande sollievo per la scoperta che da qualche parte, in qualche momento, è possibile essere chi si è e in virtù di questo essere presi in considerazione, pienamente.