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Paura del rifiuto, senza sapere cosa sia

paura del rifiuto

Chi ha paura del rifiuto?

Ci potrei scrivere un libro intero e intitolarlo così!

Per il momento sintetizziamo giusto un paio di punti fondamentali, in particolare sul rifiuto nelle relazioni e nei sentimenti, uno dei più temuti.

Se dovessimo dettagliare la definizione di rifiuto dovremmo partire dal definire una azione dell’altro che ci riguarda, come destinatari. Ovvero, qualsiasi comportamento classifichiamo come “rifiuto” nei nostri confronti, è l’interpretazione (nostra) di una scelta dell’altro.

L’altro sta facendo qualcosa, sta agendo e assumendo una qualche posizione che ha ricadute sul rapporto con noi e noi assegniamo a questa posizione un valore binario tra accettazione e rifiuto.

La scelta di queste categorie è nostra ed è questa la parte che effettivamente che ci riguarda.

Il rifiuto risulta spiacevole per i nostri significati

 

Il rifiuto ci fa stare male perché, tra le attribuzioni, gli affidiamo anche il compito di misurare qualcosa di noi.

E qui, mi spiegherete, secondo quale principio la condotta di qualcuno che non siamo noi, parla di noi, più di quanto parli di quel qualcuno stesso.


Signore e signori, questo arcano io ancora, dopo anni di storie e percorsi di cambiamento, non riesco a svelarlo.
Quello che sceglie ciascuno, per sé, anche se condotto nei nostri confronti, parla, necessariamente e inequivocabilmente, di quel ciascuno, del suo mondo, del suo ritmo, delle sue possibilità, della sua storia passata e di quella che cerca di scrivere, del suo futuro e del racconto di sé, del mondo e forse, magari, di noi, che sempre questo qualcuno sta facendo a sè stess*.
La parte che dice qualcosa di noi è quella in cui attribuiamo all’altro questo potere di validarci e di validare in particolare aspetti così importanti di noi, come l’essere amabili, degni, accettabili. Su questo possiamo farci qualche domanda in più. Sulle ragioni dell’altro, per adottare una certa modalità verso di noi, qualche domanda in meno invece.

Segniamoci questo assunto!

Teniamolo a mente sempre, diffondiamolo, parliamone con le amiche, facciamoci un nodo al fazzoletto o tatuiamocelo il fazzoletto col nodo.

Cerchiamo di mantenere chiara e nitida la consapevolezza che, ciò gli altri fanno, appartiene a loro, molto, (ma molto), più che a noi o a chiunque altro possa sentirsi coinvolto.

Restiamo in contatto?

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Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
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