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Omofobia: una fobia sui generis | Veronica Mormina Psicologa

Una fobia sui generis: omofobia

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Una fobia sui generis: omofobia

omofobia

Con il termine omofobia ci si riferisce in genere alla paura dell’omosessualità, eppure le sue peculiarità non sembrano rientrare esattamente nelle caratteristiche tipiche delle fobie.

Apparteniamo a una cultura in cui essere omosessuale implica affrontare delle sfide esistenziali ed evolutive precise e complesse.

La nostra società – e quindi tutti noi- tende a considerare l’eterosessualità come unico modo legittimo di manifestare amore e sessualità. Non è del tutto chiaro il motivo per cui  sembri non contare il parere della comunità scientifica.  L’unanimità della comunità scientifica, infatti, indica l’omosessualità come una possibile variante normale e sana della sessualità umana, insieme a eterosessualità e bisessualità. 

Eppure, se sei gay o lesbica, ti trovi immerso in un mondo fortemente stigmatizzante verso chi sei e ciò che potresti rappresentare.

 

Ancora prima di sentirti omosessuale è probabile che ti sia semplicemente sentito diverso.

 

Il valore negativo attribuito all’omosessualità arriva alle persone prima ancora del loro personale vissuto e orientamento. In altre parole, prima che uno sappia cosa significhi essere omosessuale (o bisessuale) e prima che possa acquisire consapevolezza di sé, sa, più o meno esplicitamente, che a quel vissuto è associato un universo di significati dal valore negativo.

Se sei omosessuale, appartieni a una minoranza ancora oggi stigmatizzata e questo significa che dovrai confrontarti con una più o meno ampia discriminazione sociale. La madre di questa discriminazione si chiama omofobia.

 

 

Il termine omofobia

 

É stato usato per la prima volta nel 1972 da un certo George Weinberg. Indicava la paura irrazionale, l’ansia, il terrore di trovarsi in contatto con persone omosessuali in luoghi chiusi. Era inclusa tra le fobie specifiche.

Pochi anni dopo, nel 78,  l’omofobia è stata ridefinita come la paura di un sentimento di amore per persone del proprio sesso e quindi, odio per questo sentimento negli altri (Audre Lorde).

Sempre nello stesso anno, qualcun altro ha ampliato il significato di questo termine con aspetti socioculturali. L’omofobia come sistema di credenze e stereotipi che rendano giustificabile la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale (Morin e Garfinkle).

Seguendo queste proposte è facile accorgersi di alcune differenze con le classiche fobie.

 

 

Differenze tra fobie e omofobia

 

  1. Le fobie classiche sono associate ad ansia e paura. L’omofobia invece riconduce a emozioni di rabbia e sentimenti di odio e intolleranza.
  2. Nelle fobie classiche si ha coscienza della propria paura del proprio rifiuto verso una qualche situazione. Soprattutto, si considera irrazionale e irragionevole la propria paura e il rifiuto della specifica situazione. Al contrario, nell’omofobia vige la convinzione che le proprie credenze siano condivisibili e giustificate.

Possiamo perciò distinguerla dalle fobie classiche sulla base di una sua caratteristica prevalente: il pregiudizio.

Da questa prospettiva, l’omofobia è un fenomeno connesso a discriminazione e pregiudizi sociali. Più che alle fobie classiche, appartiene alla stessa famiglia delle xenofobie e dell’antisemitismo.

 

 

Proposta alternativa alla parola fobia

 

Qualche autore, alla luce delle discriminati tra una condizione fobica di rilievo clinico e una condizione omofobica, di rilievo  socioculturale, propone di modificare il termine fobia.
Da un punto di vista comunicativo sembrerebbe più appropriato parlare di omonegatività

Il termine omofobia sembra marcare una condizione personale basata su convinzioni e credenze del singolo. La discriminazione sociale che ne deriva è però declinata anche su un piano interpersonale quando i pregiudizi si trasformano in comportamenti discriminatori. Ma, purtroppo, ancora oggi questa discriminazione pervade anche un livello istituzionale: succede con discriminazioni all’interno della famiglia, delle scuole, dei luoghi di lavoro e il mancato riconoscimento di pari diritti nelle leggi.

 

 

A cosa è associabile?

 

Alcune ricerche sulla misurazione dell’omofobia hanno esplicitato interessanti variabili che influenzerebbero il livello di omofobia:

  • persone più anziane tendono ad avere maggiori livelli di omofobia
  • persone meno istruite tendono ad avere maggiori livelli di omofobia
  • persone che non conoscono o non hanno conosciuto persone omosessuali tendono ad avere maggiori livelli di omofobia
  • persone che conosco o hanno conosciuto persone omosessuali in maniera più approfondita tendono ad avere bassi livelli di omofobia
  • persone che presentano una rigida adesione alle regole del gruppo dominante e una propensione al conformismo tendono ad avere maggiori livelli di omofobia
  • persone con una accentuata sensibilità al giudizio tendono ad avere maggiori livelli di omofobia.

 

 

Rimedio

 

Per non cadere nello stesso pregiudizio omofobico, ritengo utile specificare che essere omosessuali ed essere omofobi non sono opzioni che si escludono a vicenda. Non di rado persone omosessuali si trovano a fare i conti la loro personale omofobia (si parla di o. interiorizzata). Allo stesso modo, talvolta persone omofobiche potranno trovarsi a fare i conti con l’attrazione per persone dello stesso sesso.

Se, leggendo fin qui, hai riconosciuto degli aspetti che ti caratterizzano, voglio dirti di avere il coraggio di chiedere aiuto.
Se invece conosci qualcuno con questi problemi, non esitare a condividere con questa persona articoli come questo e comprendi le sue difficoltà nel chiedere aiuto.
In entrambi i casi, non disperare: dall’omofobia si può guarire!

 

 

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Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
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