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Intervista all'Attacco di Panico - Parte III - Veronica Mormina Psicologa e Psicoterapeuta

Intervista all’Attacco di Panico – Parte III

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…segue da qui…


Tp: Prima parlava di dialogo da instaurare e della possibilità di rivolgersi a professionisti in grado di favorire uno scambio tra lei e le persone che frequenta, in che modo?

AdP: Comprensione! Non ci sono segreti da svelare, si tratta di semplice comprensione! Smetto di essere un “disturbo” solo quando le persone riescono a decifrare il senso che ho nelle loro vite. Non sono io il problema come le dicevo. Trovo davvero poco efficace rivolgersi a me per scacciarmi.
Sarebbe come dire che la sua automobile avesse una spia accesa e lei invece che capire cosa segnala si limitasse a far staccare i collegamenti che portano corrente alla spia. Spenta la lucina si potrebbe ritenere più al sicuro?

Tp: Certamente no. Punto di vista interessante! Allora in che modo pensa che sia possibile per noi terapeuti costruttivisti favorire questa comprensione?

AdP: Per prima cosa decifrando la mia collocazione nelle varie situazioni. Cominciare a mettermi in relazione con le situazioni in cui più facilmente arrivo è una fase essenziale. Le persone che si fanno aiutare in questo iniziano così a comprendere come io abbia a che fare con il loro modo di vivere specifiche circostanze.
Per qualcuno potrebbe essere l’autostrada perché non puoi uscire quando vuoi, oppure l’aereo o il treno perché non puoi scendere quando vuoi, o luoghi aperti perché il tempo che ci vuole per attraversare una piazza è particolarmente lungo, o andare in macchina con altri perché non si è liberi di tornarsene a casa se ci si sentisse male, e così via.

Tp: Dunque situazioni in cui la persona si sente smarrita e senza una rapida via di fuga?

AdP: … sì, o senza possibilità immediata di ritorno a una situazione più rassicurante. Spesso le persone tendono a ridurre il proprio mondo personale, arrivando  arrivando anche a confinarsi in casa o uscire solo con persone familiari e dentro determinati vincoli. Capisce lei stesso quanto possa diventare invalidante tutto ciò e quanto sia indispensabile rivolgersi a un professionista.

Tp: Arrivati a questa discriminazione di situazioni, quali i passaggi successivi?

AdP: Una volta che si fa spazio a me in rapporto a certe specificità situazionali, si può cercare di comprendere allora la mia natura relazionale. Ciò che la persona prova nelle situazioni in cui si verifica l’attacco di panico è qualcosa che la persona riconosce di provare anche nelle sue relazioni personali, quando si sente troppo legato alle relazioni con alcune persone. Ciò che prova in queste situazioni a volte ha anche un connotato fisiologico simile (per esempio soffocamento, “mi sento soffocare”).

Tp: Parliamo quindi del passaggio da una spiegazione fisiologica/medica ad una comprensione della sua natura relazionale. Questo pone però nuove domande: Cosa nella relazione con alcune persone può far sentire soffocati?

AdP: Spesso quella che emerge nel lavoro con lo psicologo o il terapeuta è una risposta tipo: “Sono relazioni da cui sento di non potermi allontanare, ho bisogno di conservarle, ma posso conservarle solo se non provo a separarmi da queste persone”
Alla base della mia presenza spesso c’è questo dilemma nella relazione con gli altri: “né con te, né senza di te”.

Tp: Cosa può aspettarsi a questo punto una persona che si rivolge a un terapeuta costruttivista per “risolvere” il suo problema con lei?

AdP: Direi che arrivati a questa comprensione si può immaginare e chiedersi come portare avanti la relazione, senza il costo della rinuncia alla propria libertà. Cosa non da poco! Si tratta di un percorso, impensabile fare questo in tempi ristretti, è un lavoro di comprensione, ricostruzione e individuazione di alternative che terapeuta e paziente fanno insieme

Tp: Qual è il valore aggiunto del professionista in questo percorso?

AdP: Il professionista è esperto del metodo, la persona è esperta della sua storia. Indispensabile lavorare in sinergia mettendo sul piatto le risorse di entrambi all’interno di questa suddivisione di ruoli. Il terapeuta costruttivista considera la persona e la sua storia per ciò che la persona dice e per ciò che non dice o non sa dire, tiene conto della storia della persona per ciò che presuppone, per le premesse su cui si basa e per ciò che implica nel suo proseguimento.

Tp: Siamo giunti alla fine di questa intervista, c’è qualcosa che vuole dire ai nostri lettori?

AdP: Non abbiate paura di chiedere aiuto! Del resto più cercate di evitare un aiuto professionale e più vi ritroverete a dipendere dall’aiuto e dalla comprensione degli altri nelle vostre faccende quotidiane, rischiando di minare rapporti importanti, occasioni di lavoro ecc.

Tp: A questo punto non posso far altro che ringraziarla a nome di tutti i lettori, personalmente farò tesoro di quanto mi ha raccontato! A lei auguro di poter instaurare buoni dialoghi con le persone che frequenta e continuerà a conoscere!

AdP: Grazie a lei per questa possibilità di raccontarmi e soprattutto… buon lavoro!

 

 


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Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
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