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è stato attivato troppo presto. Di solito è un indicatore di un codice nel plugin o nel tema eseguito troppo presto. Le traduzioni dovrebbero essere caricate all'azione init
o in un secondo momento. Leggi Debugging in WordPress per maggiori informazioni. (Questo messaggio è stato aggiunto nella versione 6.7.0.) in /var/www/clients/client1235/web3723/web/wp-includes/functions.php on line 6114Questa è la consapevolezza a cui sono giunta lavorando con persone a cui è stata diagnosticata una malattia oncologica.
Partecipavo a un incontro sulla psiconcologia promosso dalla Fondazione Altre Parole e dei medici, eccellenze nei loro ambiti, raccontavano di come la ricerca e la medicina dei nostri giorni siano in grado di offrirci cure efficaci per moltissime malattie di cui, appena un decennio fa, si moriva. In alcuni casi non si può parlare di guarigione, ma con gli adeguati trattamenti medici si vive, ancora a lungo.
La diagnosi però, inevitabilmente segna un grande spartiacque. Quello che succede dopo non è lo stesso di come sarebbe stato prima.
La diagnosi di malattia oncologica getta una luce diversa sulla costruzione di sé e del mondo, degli eventi belli e di quelli brutti, degli affetti e delle mancanze. Tutto viene ri-significato sotto questa luce.
Questo forse è il più grande furto e la più grande vulnerabilità che la malattia oncologica agisce sulla persona.
Per la psicologia dei costrutti personali, un sistema in salute è un sistema che continua a costruire la sua conoscenza e organizza l’esperienza che fa del mondo. Un sistema in salute è proiettato in avanti: agisce, sceglie e fa scommesse, sulla base delle sue anticipazioni. Ogni persona si trova a fare scommesse quotidianamente, sulla base della conoscenza del mondo che si è già costruita, ma anche sulla base di anticipazioni che metterà a verifica con l’azione.
G. A. Kelly diceva che siamo tutti scienziati impegnati nella nostra ricerca, finalizzata sempre a dare senso al mondo e all’esperienza. Questa ricerca è fatta di premesse, ipotesi, risultati delle ricerche precedenti, azioni, esperimenti, raccolta dati e analisi dei risultati.
Il giorno dopo, quando torna la luce del mattino, niente è più come prima. Di molti pezzi di sé e della propria vita non si sa più cosa farsene, sembrano danneggiati, trasformati, irriconoscibili forse.
Dopo la diagnosi sembrano andati perduti i dati di alcune delle ricerche precedenti: i significati, le teorie che ci si era costruiti su di sé e sul mondo vengono scossi e perdono pezzi della loro funzionalità. Il futuro sembra chiudere la saracinesca, il presente richiede di colpo priorità diverse.
Forse la malattia non ti ucciderà, ma ha fatto del suo meglio per far andare in frantumi quello che della vita stavi facendo o pensavi ancora di fare.
Forse il tempo rimane, ma non sai più cosa puoi permetterti per abitarlo al meglio. Non sai neanche cosa sia il meglio. Se vivere, voglioso di vita, sia, di colpo, un male per te. Puoi ancora permettertelo? Perché non sai quanto puoi ancora investire su un fondo che, di colpo, è crollato. E forse non sai nemmeno cosa ha trascinato con sé il crollo.
“Si può imparare ad essere pronti? Penso che bisogna allenarsi e in questa società questo tipo di allenamento non è previsto. A volte penso che la vera salvezza risieda nel saper tornare indietro.
Io personalmente avevo trovato rifugio in un pericoloso limbo in cui mi ero messo in attesa, provando alternativamente disperazione per ciò che poteva essere, rabbia per ciò che stava accadendo e paura per quello che avrebbe potuto accadere. A volte mi pervadeva una sensazione di vuoto in cui fluttuavo, in attesa di non so che. Non sentivo nulla, né paura né disperazione, né voglia di morire, ma neanche di vivere.”
(L. Pinzi)
La malattia forse non ti uccide, ma può toglierti la vita. Forse te le toglie dandoti poi la possibilità di riprendertela.
Forse la ritroverai, cercandola, un po’ cambiata, un po’ più forte, un po’ più piena.
Non smettere di chiedere aiuto, per il tuo corpo e anche per la tua mente, ferita.