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Dipendenza da phon e altre stranezze

dipendenza da phon

Hai mai sentito parlare di qualcuno che ha una dipendenza da phon? Qualcuno che, cioè, usa il phon anche se non deve asciugarsi i capelli (né altro)? (O magari tu stessa sei tra questi.)

Ci sono persone che utilizzano il rumore del phon per rilassarsi.

Li chiamano “rumori bianchi” ed esistono addirittura delle app che li riproducono. Qualcuno li usa anche coi bimbi piccoli, perché con la loro  agevolano il sonno. Qui un esempio.

Probabilmente funziona anche per effetto della ripetitività del suono, che aiuta il cervello a sintonizzarsi su quelle frequenze e “disconnettersi” dall’elaborazione di altri stimoli. Il suono bianco sembra la somma di tutte le frequenze udibili e il rumore del phon acceso, dell’ aspirapolvere, ma anche la pioggia o l’acqua che scorre, sembrano avvicinarsi molto a queste caratteristiche. Alcune persone utilizzano quindi queste pratiche i modo sistematico, per avere un effetto sul rilassamento corporeo e mentale.

 

Ma di che si tratta?

 

Ogni persona che utilizza queste pratiche potrebbe indicare una funzione diversa che sente di ottenere. Per il phon, ad esempio, qualcuno ne trova beneficio dal rumore, qualcuno dal calore, qualcuno da entrambi.

 

È patologico?

 

Non direi! a meno che non comporti altri tipi di problemi (ad. es. consumi di energia elettrica). Tuttavia è indice di un bisogno e, qualora fosse l’unico modo a disposizione per colmare questo bisogno potrebbe essere una condizione limitante e su cui fare opportune valutazioni.

 

È davvero una dipendenza?

 

Potrebbe.
Se appunto ci si ritrova ad aver necessità di questa pratica, perché senza non si riesce a colmare un bisogno importante, è probabile che ci sia un rapporto di dipendenza.

In molti casi, e questo è il punto più importante, il bisogno che sottosta a questa pratica non è consapevole da parte di chi ha la dipendenza da phon. La persona cioè non ha idea di ciò che ha bisogno di alleviare a un livello profondo, non conosce il vero effetto che questa pratica le permette di ottenere.

Come presuppone il fondamento della Psicologia dei Costrutti Personali, ciascuno ha una sfera di significati diversi e unici, quindi occorre una buona conoscenza della singola persona che ha la dipendenza da phon, del suo mondo e del suo modo di costruire le sue esperienze, per poter comprendere il senso di questa pratica.

Ma c’è un filo comune che riguarda in generale una grossa componente  di effetti che si ottengono con pratiche simili: tagliare fuori il mondo. 

Ascoltare il rumore del phon, o di qualsiasi altro rumore bianco, permette di eliminare una buona parte di stimoli esterni. Si accende il phon e improvvisamente un sacco di elementi intorno sbiadiscono, diventano ovattati.

Questa stessa funzione è quella che spessissimo viene ricercata, inconsapevolmente, nei giochi alle slot machine, ma anche nella musica per chi ad esempio suona. O in altre passioni che assorbono totalmente mentre le si praticano. Ma anche nelle dormite, nei periodi in cui “ultimamente dormirei sempre”.

Sono moltissime le modalità che possono condurre a questo genere di effetti. Volutamente ne ho citati alcuni che potrebbero essere ritenuti “patologici”, o comportamenti a rischio, e altri che fanno parte della sfera di esperienze positive, o ritenute così dal senso comune.

 

Riguarda tutti noi

 

Quello che voglio dire è che si tratta di una funzione che tutti utilizziamo nella nostra vita, quotidianamente. È una modalità di base, tra quelle che ci servono per muoverci tra relazioni, sentimenti, emozioni, azioni, progetti, crescita e fronteggiamento degli eventi che ci capitano.

Ciò su cui ci possiamo interrogare, nel caso di dipendenza da phon, o simili, è piuttosto se è lo strumento migliore per ottenere ciò di cui abbiamo bisogno.
Se sappiamo di cosa abbiamo bisogno, profondamente.
E perché.

La dipendenza da phon, come le altre modalità a cui l’ho comparata, funge più o meno da isolante. Una sorta di pellicola protettiva tra te e qualcosa.

Cosa sia quel qualcosa è il punto interessante su cui lavorare. E il perché senti che da quel qualcosa è meglio proteggerti è la svolta che apre nuovi scenari.

Partendo dal presupposto che agisci sempre per fare il meglio che puoi, con quello che sai e con quello che hai a disposizione, la scelta di proteggerti è un indicatore di cosa ti ha ferito e dove.

La scelta di metterci mano e curare la ferita, invece di tamponarla, è il potere che oggi puoi esercitare chiedendo aiuto.

 

 

Se conosci qualcuno interessato all’argomento o che adotta qualche pratica simile, condividi pure questo post che potrebbe essere utile.
E se vuoi commentare o condividere le tue opinioni o una tua esperienza puoi lasciare un commento qui o contattarmi in privato.

 

 

 

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Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
Aiuto le persone a costruire percorsi verso i loro obiettivi e il loro benessere. Insieme tracciamo la posizione di partenza, la direzione e il tragitto verso la meta.

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