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Desiderare un figlio che non arriva | Veronica Mormina Psicologa

Desiderare un figlio e fare i conti con la sua mancanza

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Desiderare un figlio e fare i conti con la sua mancanza

desiderare un figlio che non arriva

Il tempo passa e il figlio non arriva. Desiderare un figlio per alcune coppie può diventare una gabbia emotiva e trasformare il sogno di una famiglia in una specie di grande incubo.

A volte non ci sono nemmeno ragionevoli cause da un punto di vista organico, eppure il concepimento non va a buon fine.

Mi capita di lavorare in terapia con coppie che vivono o hanno vissuto questa circostanza e, in genere, arrivano da me come ultima spiaggia. Dopo anni di tentativi di varia natura.

 

Quando desiderare un figlio diventa doloroso

 

In quanto esseri viventi diamo per scontata la funzione riproduttiva delle nostre esistenze. Così come diamo per scontata la capacità riproduttiva.

Ecco perché desiderare un figlio e non riuscire a concepirlo rappresenta per la coppia una sorta di privazione di quello che le persone percepiscono come un diritto naturale.

Questa esperienza rappresenta un gravoso imprevisto. Imprevisto non solo all’interno della coppia, ma spesso, nella percezione dei partner, viene vissuto come un evento che rompe gli schemi della natura umana.

Affrontando il responso negativo di numerosi tentativi di fecondazione, i partner si trovano sprovvisti delle risorse necessarie per affrontare la situazione.

 

Piani su cui si giocano le scelte della coppia

 

In genere, la scoperta di non riuscire a concepire un figlio è un vero e proprio percorso, più che un singolo evento.

Le coppie si trovano ad affrontare diversi livelli di richiesta di aiuto, passando per i primi tentativi segreti, la condivisione con persone intime e di fiducia, la ricerca di specialisti e i diversi livelli di approfondimento prima ed eventuali tentativi di fecondazione assistita.

In questo cammino si intersecano moltissimi piani: valutazione etiche e morali, considerazioni religiose, valutazioni economiche.

 

Il ruolo degli altri

 

Desiderare un figlio che non arriva espone a un alto grado di intrusività.

Occorre sottoporsi a diversi esami e visite specialistiche, occorre partecipare a indagini mediche che spesso scendono negli aspetti più intimi della coppia.

Ma l’intrusività riguarda anche le relazioni: le persone fanno domande spesso scomode, seppur benevoli, che toccano tasti evidentemente delicati per una coppia che cerca di avere un figlio senza successo.

Le famiglie di origine spesso offrono consigli e opinioni che non sempre sono di aiuto per la coppia. A volte si tratta di vere e proprie ingerenze esplicite, altre volte sono più forme di condizionamento indiretto, veicolato da valori condivisi, convinzioni generazionali e quelle che la coppia percepisce come aspettative o desideri impliciti da parte delle proprie famiglie.

In ballo non c’è solo il desiderio di diventare genitori, ma anche il desiderio esterno di diventare nonni.

 

Il tempo e i tempi

 

Desiderare un figlio significa di per sé darsi dei tempi diversi dai soliti, ma questo è decisamente amplificato nel caso in cui si riscontrino difficoltà di concepimento. Occorre attendere responsi, pianificare visite mediche, seguire iter che prevedono vari step e darsi dei tempi oltre i quali voler affrontare la questione in altro modo o voler prendere altre decisioni.

Il tempo diventa nemico quando sembra sia passata un’eternità dal momento in cui si è cominciato a cercare la gravidanza.

Ma poi, il tempo diventa tiranno, proprio come da proverbio, quando si fa la conta di ovuli e tasso di fecondabilità. Il famigerato orologio biologico sembra diventare il timer di un esplosivo.

E, anche nelle scelte dei vari passaggi, i tempi spesso vengono dettati da esigenze fisiche o pareri medici, appiattendo a volte i tempi emotivi della coppia e dei partner.

 

Che fare davanti all’ennesimo responso negativo?

 

La sensazione è quella di un grande terremoto che, con l’ennesima grande scossa, in parte attesa, fa crollare il proprio mondo.

Crollano desideri ma anche sicurezze.

A questo punto sembra aprirsi l’ennesimo bivio: continuare a cercare altre possibilità? Rassegnarsi?

A prescindere dalla scelta da prendere, la coppia si trova davanti al fallimento e, per quanto i partner possano aver anche imparato a schivare la tentazione di cercare un colpevole, in questo momento il senso di perdita fa sentire “difettosi”.

Qualcosa sembra non funzionare, le altre coppie  fanno figli e nel confronto ci si sente “diversi”. Arrabbiati e prigionieri di un grande senso di ingiustizia e sconfitta.

A volte la coppia stessa tende a isolarsi e allontanarsi dagli altri, per difendere le proprie ferite. L’isolamento però, sebbene possa fungere da rimedio al senso di sconfitta da elaborare, non può essere una soluzione.

 

Con la scelta di non proseguire si apre un abisso

 

A volte infatti questa scelta è molto sofferta e difficile, perché smettere di cercare di concepire un figlio rappresenta per qualcuno un ulteriore motivo per sentirsi fallito e debole. In alcuni casi sono i medici a dover prendere questa decisione per la coppia, liberando i partner da questo onere.

Dopo essersi esposti a questo abisso però c’è speranza. C’è vita dopo le colonne d’Ercole.

Questo è il momento in cui ancora tutto può “nascere” e la coppia può e deve ricominciare a progettare.

Desiderare un figlio in fondo non aveva questa funzione? La genitorialità è prima di tutto un progetto. Uno dei molti che ogni persona può nutrire, uno dei molti che ogni coppia può portare avanti. A questo punto, dopo la chiusura di un così importante progetto, si può continuare a vivere nella coppia e nella propria esistenza investendo e lasciando accadere comunque numerosi nuovi inizi.

Il primo passo per colmare l’abisso è il dialogo: le sofferenze trattenute minano la complicità e prosciugano la relazione di coppia. Parlare e poter dire ciò che si prova fino in fondo, dal dolore al senso di sollievo, aiuta i partner a restare uniti. Questo senso di unione e la consapevolezza di essere sopravvissuti al terremoto saranno una buona base per tornare a costruire la propria serenità.

 

 

 

Se hai delle domande o delle riflessioni scrivile nei commenti o contattami. Se trovi che questo post possa essere utile a qualcuno che conosci condividilo.

 

 


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Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
Dr.ssa Veronica Mormina Psicologa
Aiuto le persone a costruire percorsi verso i loro obiettivi e il loro benessere. Insieme tracciamo la posizione di partenza, la direzione e il tragitto verso la meta.

2 Comments

  1. Simona ha detto:

    Stiamo affrontando il percorso che ha descritto. Siamo al secondo tentativo FIV ma il mio cuore sa che non funzionerà. E la notte mi sveglio piangendo. Un dolore che non riesco a colmare

    • Cara Simona è un percorso delicatissmo e purtroppo il bagaglio emotivo che le coppie si devono portare dietro è pesante e spesso invisibile. Le faccio un grande augurio perchè ritrovi la serenità, ma non pretenda troppo da sé stessa e non pensi di dovercela fare a tutti i costi da sola. Chieda aiuto a una professionista perchè, con figlio o senza, merita il meglio e la felicità

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