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è stato attivato troppo presto. Di solito è un indicatore di un codice nel plugin o nel tema eseguito troppo presto. Le traduzioni dovrebbero essere caricate all'azione init
o in un secondo momento. Leggi Debugging in WordPress per maggiori informazioni. (Questo messaggio è stato aggiunto nella versione 6.7.0.) in /var/www/clients/client1235/web3723/web/wp-includes/functions.php on line 6114Quando ho scelto il mio indirizzo di specializzazione in psicoterapia, ho posto un particolare accento su come avrei voluto che il mio cliente si sentisse, lavorando con me, e ho deciso che non mi interessava apparire da subito come l’esperta, sicura di quel che dice.
Non fraintendermi. Ho speso anni in formazione e anche svariate migliaia di euro. Continuo a formarmi e a praticare con professionisti con decenni di esperienza e formazione teorica. So di essere attenta e rigorosa nel mio lavoro. Ma non è questo che mi preme mettere in evidenza.
Sulle pareti del mio studio non ho nemmeno appeso i diplomi di lauree e specializzazione, con lodi in evidenza. Quello che per me è più importante è l’esperienza relazionale che il mio cliente può vivere nella stanza della terapia dove lo accolgo.
Per queste ragioni, ho scelto di non essere la psicologa dei test. Ho scelto di non misurare le persone. Di non seguire protocolli di base. Di fare consulenza anzi che valutazione.
Ho scelto di lavorare con, anzi che su, le persone
La mia attività è di consulenza e psicoterapia. Metto a disposizione le mie competenze per favorire una presa di consapevolezza, una definizione e un ampliamento delle possibilità dei miei clienti.
Questo vuol dire che non faccio diagnosi?
Non proprio.
La diagnosi è un processo conoscitivo, (anche l’etimologia del termine lo conferma), e io ho scelto di declinare questo processo in qualcosa di condiviso con il mio cliente.
Sì, faccio diagnosi. Questo fa parte del mio dovere di professionista e la psicologia clinica e la psicoterapia sono professioni sanitarie. Non speculazioni filosofiche basate su mode o ideologie personali.
Non faccio diagnosi nosologica, però.
Basata cioè su classificazioni descrittive, che raggruppano un insieme di sintomi sotto un’etichetta, appunto descrittiva.
Preferisco costruire una configurazione specifica per ogni caso e ogni storia, tenendo dentro tutti gli elementi e le particolarità. Non sacrificando nulla.
In questo mi sento un po’ come una stilista che disegna un modello a partire dalla persona che ha davanti, tenendo conto delle sue misure invece che di taglie standardizzate, ma anche del suo spirito, delle sue movenze, dei suoi colori e del suo carattere. Ecco, per me, ha senso lavorare così.
Chi si rivolge a me non può trovare un vestito pronto da adattare alle proprie forme, né un cartamodello pronto da rivedere o ritagliare.
Non somministro questionari da cui poi potrei trarre informazioni a me chiare, ma in modo separato dal cliente.
Piuttosto, nei percorsi di consulenza e psicoterapia, applico strumenti che diano informazioni utili a me e al cliente insieme.
Sarà più facile che io lavori con immagini, scrittura, fotografia, racconti e metafore, piuttosto che qualcuno si trovi a compilare un questionario o a rispondere a quesiti per cui il feedback possibile non si possa intuire.
Faccio molte domande e impiego delle precise tecniche per favorire l’elaborazione delle tematiche centrali per una persona.
Prendo appunti, ma non scrivo nulla di segreto. Tutto ciò che mi annoto serve a me quanto al mio cliente, spesso ci torniamo su insieme. Spesso ragiono su quello che ho fermato sulla carta e condivido le mie riflessioni e anche le mie perplessità.
Trovo che certe dinamiche che portano a vivere male, che generano confusioni, insicurezze, paure e dolore, nascano da azioni, vissuti e interpretazioni del mondo fatte dalle persone. Non calate dal cielo. Per lo stesso principio ci tengo che le soluzioni e le svolte vengano elaborate e costruite passo passo, con la mia consulenza e il mio supporto, dalla persona protagonista della storia.
Io sono esperta del metodo di elaborazione di una storia di vita, scritta e da continuare a scrivere nel migliore dei modi. La persona con cui lavoro è però esperta della sua storia.
Non mi interessa far sentire il mio cliente nelle mani giuste. Spesso accade, ma come conseguenza. Quel che mi importa è far sentire al mio cliente che le mani giuste, le migliori a cui possa affidarsi, possono diventare le sue.
La cosa più importante e utile, credimi, non è che io abbia capito quale sia il problema (ogni psicologo è in grado di far diagnosi, è un requisito di base per superare l’esame di abilitazione).
Nel mio modo di fare psicoterapia, la cosa più importante è che il mio cliente possa intravedere e scoprire dove sono collocate le sue possibilità di risolverlo.